Calciano

Sul territorio si trovano presenze umane preistoriche e sembra che dal V secolo a.C. sia esistito un insediamento laddove sorge attualmente, fino al 383 a.C., quando fu distrutto da un'alluvione. La popolazione, organizzatasi intorno al castello e alla Chiesa della Beata Vergine Maria (ora in ruderi), cominciò a crescere fino all'alluvione del 1235 e al terremoto del 1248, quando i cittadini si rifugiarono in casali vicini, mentre il territorio viene aggregato a quello di Tricarico. Passa dunque dagli Sforza nel 1382 ai Sanseverino nel 1458, che poi ne perdono il possesso a causa della loro partecipazione alle congiure del 1485 contro re Ferdinando I.

Durante il XVI secolo, la popolazione, che agli inizi si aggira intorno alle 1500 unità, si dota della Chiesa Madre, dedicata alla Beata Vergine Maria e il paese viene governato da diversi feudatari, fino a giungere ai De Leyra e nel 1606 ai Revertera. Partecipa alla rivolta nel periodo del brigantaggio (molti attacchi furono effettuati sotto il comando di capi calcianesi). Secondo la tradizione, nel XVIII-XIX secolo, la popolazione si trasferì nella parte superiore del paese a causa di continue alluvioni e frane e costruì la nuova chiesa parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista. Il nuovo paese si sviluppa intorno alla chiesa già esistente in onore di Maria SS. della Serra.

Nel 1861 le formazioni brigantesche di Carmine Crocco e del generale catalano José Borjes dopo aver messo a sacco Trivigno si diressero su Calciano che raggiunsero il 5 novembre 1861, così come riportato nelle memorie di Crocco: «la mia banda occupò senza colpo ferire il piccolo villaggio di Calciano sulla destra del fiume Basento ove si moltiplicarono gli atti brutali senza riguardo a persone e cose. M'imbatto sulla pubblica via in una donna barbaramente trucidata e vedo tutto all'intorno innalzarsi un denso fumo, sono i miserabili casolari di quei coloni posti a fuoco dopo il saccheggio. Il paese è povero, ciò non pertanto impongo qualche piccola taglia e raccolgo denari».

Nell'Ottocento il comune è stato unito a Garaguso ed Oliveto Lucano fino al 1913, quando raggiunge l'autonomia con legge 11 giugno n.699, e la popolazione, letteralmente cresciuta, sfiora i mille abitanti, per poi superare i 1500 nell'immediato secondo dopoguerra. A causa dell´emigrazione degli anni '60 si segna un calo fino agli appena 800 attuali.

Sul territorio si trovano presenze umane preistoriche e sembra che dal V secolo a.C. sia esistito un insediamento laddove sorge attualmente, fino al 383 a.C., quando fu distrutto da un'alluvione. La popolazione, organizzatasi intorno al castello e alla Chiesa della Beata Vergine Maria (ora in ruderi), cominciò a crescere fino all'alluvione del 1235 e al terremoto del 1248, quando i cittadini si rifugiarono in casali vicini, mentre il territorio viene aggregato a quello di Tricarico. Passa dunque dagli Sforza nel 1382 ai Sanseverino nel 1458, che poi ne perdono il possesso a causa della loro partecipazione alle congiure del 1485 contro re Ferdinando I.

Durante il XVI secolo, la popolazione, che agli inizi si aggira intorno alle 1500 unità, si dota della Chiesa Madre, dedicata alla Beata Vergine Maria e il paese viene governato da diversi feudatari, fino a giungere ai De Leyra e nel 1606 ai Revertera. Partecipa alla rivolta nel periodo del brigantaggio (molti attacchi furono effettuati sotto il comando di capi calcianesi). Secondo la tradizione, nel XVIII-XIX secolo, la popolazione si trasferì nella parte superiore del paese a causa di continue alluvioni e frane e costruì la nuova chiesa parrocchiale dedicata a S. Giovanni Battista. Il nuovo paese si sviluppa intorno alla chiesa già esistente in onore di Maria SS. della Serra.

Nel 1861 le formazioni brigantesche di Carmine Crocco e del generale catalano José Borjes dopo aver messo a sacco Trivigno si diressero su Calciano che raggiunsero il 5 novembre 1861, così come riportato nelle memorie di Crocco: «la mia banda occupò senza colpo ferire il piccolo villaggio di Calciano sulla destra del fiume Basento ove si moltiplicarono gli atti brutali senza riguardo a persone e cose. M'imbatto sulla pubblica via in una donna barbaramente trucidata e vedo tutto all'intorno innalzarsi un denso fumo, sono i miserabili casolari di quei coloni posti a fuoco dopo il saccheggio. Il paese è povero, ciò non pertanto impongo qualche piccola taglia e raccolgo denari».

Nell'Ottocento il comune è stato unito a Garaguso ed Oliveto Lucano fino al 1913, quando raggiunge l'autonomia con legge 11 giugno n.699, e la popolazione, letteralmente cresciuta, sfiora i mille abitanti, per poi superare i 1500 nell'immediato secondo dopoguerra. A causa dell´emigrazione degli anni '60 si segna un calo fino agli appena 800 attuali.

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