Samugheo

Samugheo è un paese che si trova al centro della Sardegna nella provincia di Oristano, nella regione storica del Mandrolisai. Il territorio, adatto agli usi agricoli, si caratterizza per la presenza di altipiani e dolci colline fertili, intervallate da gole scavate da piccoli corsi d’acqua, elementi che hanno favorito l’insediamento umano sin dal Neolitico. Le prime testimonianze della presenza dell’uomo risalgono al IV millennio a. C. e sono rappresentate dalle numerose sepolture scavate nella roccia, denominate nella lingua sarda "domus de janas", ossia "case di fate", per via degli ambienti piccoli e numerosi di cui sono composte, che agli abitanti della Sardegna davano l'idea di essere appunto case di piccoli esseri fantastici. Le più suggestive, anche per gli aspetti paesaggistici e naturalistici, sono S’Ispelunca de sa ‘Ia, Ispelunca Orre, Tatalla, Linna de Cresia e Barralla. Le domus sono situate principalmente nelle gole, in pareti dalla tenera roccia facilmente scavabile, talvolta sfruttando piccoli anfratti o cavità naturali con la funzione di atrio.


Durante l’Età del Rame il territorio di Samugheo assume particolare importanza come si evince dai ritrovamenti di statue menhir (2600-2400 a. C.), provenienti da cinque diversi siti. Particolarmente cospicuo e importante il rinvenimento di Cucu de Lai da cui provengono oltre 300 frammenti di statue e quello di Paule Luturru, con 46 frammenti riutilizzati in una tomba di giganti. Si tratta di statue antropomorfe, iconiche e aniconiche, realizzate nella trachite locale, di forma ogivale o tronco-ogivale, con simboli vari scolpiti nella parte mediana: pugnali, o fregi di forma ellittica o quadrangolare, talvolta incisi con motivi a spina di pesce, a reticolo o cruciformi.
Tra i nuraghi quello meglio conservato e più accessibile è il Nuraghe monotorre Perda Orrubia con vano scala ben conservato da cui è possibile accedere alla terrazza.
Altro sito di estremo fascino è il castello bizantino di Medusa, che sorge a picco sulla gola formata dal Rio Araxisi e di cui si conserva parte della poderosa cortina muraria, una torretta, una cisterna e i resti di una serie di ambienti rettangolari che dovevano avere la funzione di ambienti di servizio e alloggio. Le pareti rocciose intorno sono mete ambite dagli arrampicatori.


Il paesaggio rurale si contraddistingue per le centinaia di ricoveri dei pastori, disseminati in tutto il territorio, realizzati in pietra a secco con copertura a cupola, denominati "pinnatzos", tali da attribuire una forte impronta identitaria al paesaggio.
La fertile vallata di Acoro, così detta per l’omonimo rio che vi scorre, è rinomata per le sue vigne e per la presenza di tre mulini ad acqua, tuttora intatti, attivi fino agli anni Settanta del Novecento. Essi sono costituiti da un edificio rettangolare, con macina in pietra all’interno, ruota orizzontale all’esterno, una serie di canali di adduzione e deflusso delle acque e di sistemi sbarramento sul fiume. I mulini di "Is Tirizzas", "Ispadula" e "Giobbe", sono un esempio ben conservato di archeologia della produzione, raccontano di un’economia agricola in cui la cerealicoltura era molto importante e dello sfruttamento del rio Acoro come forza motrice per azionare i sistemi di molitura.


Le prime fonti che attestano l’esistenza del paese sono del periodo medievale. La prima menzione si ha nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (registro monastico del XII-XIII secolo d. C.), allorquando un cittadino di Samugheo si trova a fare da testimone per un giuramento presso la chiesa di San Pietro di Arsuneli; il nome del paese compare con la forma “Sumugleo”.

Il centro urbano conserva parte del suo tessuto edilizio storico con le vie strette in curva e le abitazioni realizzate con la locale trachite, con due piani, soffitta e ampio cortile. Nel cortile si affacciano spesso gli ambienti di servizio (stanze per la realizzazione del pane e del formaggio, ricoveri per animali come l’immancabile maiale), un loggiato, il forno, un’aiuola adibita a spazzatura, talvolta un pozzo. Tali case si aprono lungo le strade attraverso dei portali in legno, incorniciati da archi a tutto sesto. Un esempio di casa tradizionale è dato dalla casa padronale Serra, composta da diversi corpi di fabbrica di periodi storici diversi, con alcune finestre in stile aragonese. Attualmente ospita la Biblioteca Comunale.

Nel centro si trova anche la chiesa parrocchiale di San Sebastiano edificata a partire dal XVI secolo in stile gotico aragonese, a navata unica con 3 cappelle su ciascun lato, aperte mediante arconi gotici e presbiterio quadrato, voltato a crociera con vele definite da costolature. Due ulteriori cappelle sono poste ai lati del presbiterio si aprono conferendo alla chiesa una pianta a croce latina. Il prospetto dell'edificio è a capanna, realizzato con conci squadrati di trachite; al centro vi si trova un rosone ottagono in cui con dei vetri colorati è stata realizzata l'immagine del santo venerato. Sul lato destro della facciata si trova la torre campanaria a pianta quadrata. Nell’agro si trovano invece le chiese di San Basilio e Santa Maria.

Il centro è rinomato per l’artigianato tessile, per far conoscere il quale l’amministrazione comunale organizza nel mese di agosto la Mostra dell’Artigianato Sardo dal nome Tessingiu (tessitura nella variante locale della lingua sarda), evento che mette in mostra oltre 60 tra artigiani e designer isolani, proponenti il meglio delle produzioni in tutti i settori artigianali.

La manifattura tessile samughese, nella quale attualmente trovano occupazione decine di persone distribuite in diverse piccole e medie imprese, ebbe avvio dall’iniziativa di alcune donne. Negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento alcune giovani samughesi iniziarono a progettare una forma di sviluppo economico a partire dall’attività che abitualmente svolgevano in casa: la tessitura. Si organizzarono quindi per far conoscere la produzione locale, fino ad allora servita quasi totalmente per gli usi domestici, al di fuori del centro abitato. Iniziò così il commercio dei preziosi tessuti lavorati a mano nel resto della Sardegna e nel mondo e nuove opportunità di lavoro per la comunità. Per le mutate esigenze le donne si organizzarono in piccoli laboratori manifatturieri, idearono nuovi telai più ampi con la collaborazione dei falegnami locali che consentissero tempi di lavoro più rapidi e manufatti di dimensioni maggiori, iniziarono a collaborare con designers al fine di adattare le raffigurazioni tradizionali alle nuove dimensioni e alle nuove esigenze. Da allora la produzione è andata avanti e continua a farsi conoscere con esiti positivi. Ormai si tratta di una produzione con più filiere: tradizionale, di design, adatta agli usi più quotidiani. Questa iniziativa femminile è stata in grado di coinvolgere e generare lavoro e opportunità anche per gli uomini.
Per la volontà di recuperare e conservare la memoria storica tessile della Sardegna nel 2002 nasce il Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda (MURATS). La collezione permanente raccoglie un vasto repertorio di manufatti provenienti da diverse parti dell’isola: tovagliati, coperte, lenzuola, biancheria per l’infanzia, biancheria per uso quotidiano, bisacce e teli per la campagna, copri cassapanca, abbigliamento per il pastore e costumi tradizionali per le feste.
Samugheo custodisce inoltre un patrimonio immateriale molto ricco: il ballo tradizionale, la lingua sarda, il rosario, il bando, tanti saperi come l’arte del pane, l’arte della tessitura, dell’intaglio del legno, del ferro battuto, l’arte della viticoltura, dell’allevamento e della macellazione, la cucina tradizionale. Si è mantenuta la memoria, l’uso e il confezionamento dell’abbigliamento storico femminile e maschile e delle maschere carnevalesche, "s’Urtzu e is Mamutzones". Importanti le manifestazioni carnevalesche: “A Maimone”, rassegna di maschere tradizionali provenienti da tutta la Sardegna e non solo, e il Carnevale estivo ad agosto.
Altra importante manifestazione è la Sagra del Pane nata per valorizzare l’importante cultura che ruota attorno al pane.
Interessanti le feste religiose: quelle invernali di Sant’Antonio e di San Sebastiano che si svolgono intorno a un falò; durante la primavera, a maggio, si tiene la festa degli agricoltori, dedicata a Sant’Isidoro, caratteristica per la processione con i trattori addobbati a festa; d’estate la vita paesana è animata dalle feste di San Costantino e San Basilio, con processioni in cui viene cantato il rosario sardo, mentre i festeggiamenti civili prevedono gare poetiche in lingua sarda e danze.
La popolazione si contraddistingue per la sua vivacità imprenditoriale: oltre che sulle imprese artigiane ed edili, l’economia del centro è improntata sulla pastorizia. Tantissime le aziende ovine, bovine e caprine, che caratterizzano il paesaggio con gli animali al pascolo e i muretti a secco. Vengono prodotte ottime carni, formaggi e vini Mandrolisai.

Samugheo è un paese che si trova al centro della Sardegna nella provincia di Oristano, nella regione storica del Mandrolisai. Il territorio, adatto agli usi agricoli, si caratterizza per la presenza di altipiani e dolci colline fertili, intervallate da gole scavate da piccoli corsi d’acqua, elementi che hanno favorito l’insediamento umano sin dal Neolitico. Le prime testimonianze della presenza dell’uomo risalgono al IV millennio a. C. e sono rappresentate dalle numerose sepolture scavate nella roccia, denominate nella lingua sarda "domus de janas", ossia "case di fate", per via degli ambienti piccoli e numerosi di cui sono composte, che agli abitanti della Sardegna davano l'idea di essere appunto case di piccoli esseri fantastici. Le più suggestive, anche per gli aspetti paesaggistici e naturalistici, sono S’Ispelunca de sa ‘Ia, Ispelunca Orre, Tatalla, Linna de Cresia e Barralla. Le domus sono situate principalmente nelle gole, in pareti dalla tenera roccia facilmente scavabile, talvolta sfruttando piccoli anfratti o cavità naturali con la funzione di atrio.


Durante l’Età del Rame il territorio di Samugheo assume particolare importanza come si evince dai ritrovamenti di statue menhir (2600-2400 a. C.), provenienti da cinque diversi siti. Particolarmente cospicuo e importante il rinvenimento di Cucu de Lai da cui provengono oltre 300 frammenti di statue e quello di Paule Luturru, con 46 frammenti riutilizzati in una tomba di giganti. Si tratta di statue antropomorfe, iconiche e aniconiche, realizzate nella trachite locale, di forma ogivale o tronco-ogivale, con simboli vari scolpiti nella parte mediana: pugnali, o fregi di forma ellittica o quadrangolare, talvolta incisi con motivi a spina di pesce, a reticolo o cruciformi.
Tra i nuraghi quello meglio conservato e più accessibile è il Nuraghe monotorre Perda Orrubia con vano scala ben conservato da cui è possibile accedere alla terrazza.
Altro sito di estremo fascino è il castello bizantino di Medusa, che sorge a picco sulla gola formata dal Rio Araxisi e di cui si conserva parte della poderosa cortina muraria, una torretta, una cisterna e i resti di una serie di ambienti rettangolari che dovevano avere la funzione di ambienti di servizio e alloggio. Le pareti rocciose intorno sono mete ambite dagli arrampicatori.


Il paesaggio rurale si contraddistingue per le centinaia di ricoveri dei pastori, disseminati in tutto il territorio, realizzati in pietra a secco con copertura a cupola, denominati "pinnatzos", tali da attribuire una forte impronta identitaria al paesaggio.
La fertile vallata di Acoro, così detta per l’omonimo rio che vi scorre, è rinomata per le sue vigne e per la presenza di tre mulini ad acqua, tuttora intatti, attivi fino agli anni Settanta del Novecento. Essi sono costituiti da un edificio rettangolare, con macina in pietra all’interno, ruota orizzontale all’esterno, una serie di canali di adduzione e deflusso delle acque e di sistemi sbarramento sul fiume. I mulini di "Is Tirizzas", "Ispadula" e "Giobbe", sono un esempio ben conservato di archeologia della produzione, raccontano di un’economia agricola in cui la cerealicoltura era molto importante e dello sfruttamento del rio Acoro come forza motrice per azionare i sistemi di molitura.


Le prime fonti che attestano l’esistenza del paese sono del periodo medievale. La prima menzione si ha nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (registro monastico del XII-XIII secolo d. C.), allorquando un cittadino di Samugheo si trova a fare da testimone per un giuramento presso la chiesa di San Pietro di Arsuneli; il nome del paese compare con la forma “Sumugleo”.

Il centro urbano conserva parte del suo tessuto edilizio storico con le vie strette in curva e le abitazioni realizzate con la locale trachite, con due piani, soffitta e ampio cortile. Nel cortile si affacciano spesso gli ambienti di servizio (stanze per la realizzazione del pane e del formaggio, ricoveri per animali come l’immancabile maiale), un loggiato, il forno, un’aiuola adibita a spazzatura, talvolta un pozzo. Tali case si aprono lungo le strade attraverso dei portali in legno, incorniciati da archi a tutto sesto. Un esempio di casa tradizionale è dato dalla casa padronale Serra, composta da diversi corpi di fabbrica di periodi storici diversi, con alcune finestre in stile aragonese. Attualmente ospita la Biblioteca Comunale.

Nel centro si trova anche la chiesa parrocchiale di San Sebastiano edificata a partire dal XVI secolo in stile gotico aragonese, a navata unica con 3 cappelle su ciascun lato, aperte mediante arconi gotici e presbiterio quadrato, voltato a crociera con vele definite da costolature. Due ulteriori cappelle sono poste ai lati del presbiterio si aprono conferendo alla chiesa una pianta a croce latina. Il prospetto dell'edificio è a capanna, realizzato con conci squadrati di trachite; al centro vi si trova un rosone ottagono in cui con dei vetri colorati è stata realizzata l'immagine del santo venerato. Sul lato destro della facciata si trova la torre campanaria a pianta quadrata. Nell’agro si trovano invece le chiese di San Basilio e Santa Maria.

Il centro è rinomato per l’artigianato tessile, per far conoscere il quale l’amministrazione comunale organizza nel mese di agosto la Mostra dell’Artigianato Sardo dal nome Tessingiu (tessitura nella variante locale della lingua sarda), evento che mette in mostra oltre 60 tra artigiani e designer isolani, proponenti il meglio delle produzioni in tutti i settori artigianali.

La manifattura tessile samughese, nella quale attualmente trovano occupazione decine di persone distribuite in diverse piccole e medie imprese, ebbe avvio dall’iniziativa di alcune donne. Negli anni Cinquanta-Sessanta del Novecento alcune giovani samughesi iniziarono a progettare una forma di sviluppo economico a partire dall’attività che abitualmente svolgevano in casa: la tessitura. Si organizzarono quindi per far conoscere la produzione locale, fino ad allora servita quasi totalmente per gli usi domestici, al di fuori del centro abitato. Iniziò così il commercio dei preziosi tessuti lavorati a mano nel resto della Sardegna e nel mondo e nuove opportunità di lavoro per la comunità. Per le mutate esigenze le donne si organizzarono in piccoli laboratori manifatturieri, idearono nuovi telai più ampi con la collaborazione dei falegnami locali che consentissero tempi di lavoro più rapidi e manufatti di dimensioni maggiori, iniziarono a collaborare con designers al fine di adattare le raffigurazioni tradizionali alle nuove dimensioni e alle nuove esigenze. Da allora la produzione è andata avanti e continua a farsi conoscere con esiti positivi. Ormai si tratta di una produzione con più filiere: tradizionale, di design, adatta agli usi più quotidiani. Questa iniziativa femminile è stata in grado di coinvolgere e generare lavoro e opportunità anche per gli uomini.
Per la volontà di recuperare e conservare la memoria storica tessile della Sardegna nel 2002 nasce il Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda (MURATS). La collezione permanente raccoglie un vasto repertorio di manufatti provenienti da diverse parti dell’isola: tovagliati, coperte, lenzuola, biancheria per l’infanzia, biancheria per uso quotidiano, bisacce e teli per la campagna, copri cassapanca, abbigliamento per il pastore e costumi tradizionali per le feste.
Samugheo custodisce inoltre un patrimonio immateriale molto ricco: il ballo tradizionale, la lingua sarda, il rosario, il bando, tanti saperi come l’arte del pane, l’arte della tessitura, dell’intaglio del legno, del ferro battuto, l’arte della viticoltura, dell’allevamento e della macellazione, la cucina tradizionale. Si è mantenuta la memoria, l’uso e il confezionamento dell’abbigliamento storico femminile e maschile e delle maschere carnevalesche, "s’Urtzu e is Mamutzones". Importanti le manifestazioni carnevalesche: “A Maimone”, rassegna di maschere tradizionali provenienti da tutta la Sardegna e non solo, e il Carnevale estivo ad agosto.
Altra importante manifestazione è la Sagra del Pane nata per valorizzare l’importante cultura che ruota attorno al pane.
Interessanti le feste religiose: quelle invernali di Sant’Antonio e di San Sebastiano che si svolgono intorno a un falò; durante la primavera, a maggio, si tiene la festa degli agricoltori, dedicata a Sant’Isidoro, caratteristica per la processione con i trattori addobbati a festa; d’estate la vita paesana è animata dalle feste di San Costantino e San Basilio, con processioni in cui viene cantato il rosario sardo, mentre i festeggiamenti civili prevedono gare poetiche in lingua sarda e danze.
La popolazione si contraddistingue per la sua vivacità imprenditoriale: oltre che sulle imprese artigiane ed edili, l’economia del centro è improntata sulla pastorizia. Tantissime le aziende ovine, bovine e caprine, che caratterizzano il paesaggio con gli animali al pascolo e i muretti a secco. Vengono prodotte ottime carni, formaggi e vini Mandrolisai.

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