San Mango Piemonte

Piccolo centro agricolo dalle origini assai remote, San Mango Piemonte fu frequentato da etruschi e sanniti tra il VI e il V sec. a.C.: intorno al I sec. a.C. vi si stanziarono i profughi picentini, in fuga dalla loro Picentia distrutta dai Romani. Secondo quanto riportato dalla tradizione popolare, Mango, Vescovo di Anagni, pellegrinando verso Roma, per sfuggire alle persecuzioni di Decio, passò per questa zona trovando riparo presso una grotta naturale, situata sul monte che, successivamente, prese il suo nome e dove i fedeli edificarono un eremo, designatogli dal Santo che, una volta martirizzato, apparve loro in sogno. Inizialmente la storia di questo piccolo Comune fu legata a quella della città di Salerno: faceva, infatti, parte del sistema difensivo orientale dell’antico Principato di Salerno, come testimoniano i ruderi di alcuni fortilizi. La fortuna di San Mango crebbe quando Adelmo il Normanno ottenne l’assegnazione del piccolo feudo, il che comportò il distacco dal Principato e la nascita dell’antica Baronia di Santo Mango, che comprendeva anche altri territori, come S. Cipriano, Castiglione e Vignale Filetta. Nel 1458 la figlia del nobile cavaliere Baldassare di Santo Mango sposò Niccolò Sannazaro, dando poi alla luce Iacopo, il celebre poeta dell’Arcadia che ivi trascorse buona parte della sua adolescenza. A partire dal 1600 San Mango fu protagonista di varie cessioni: fu dei Sanseverino, dei Caracciolo, dei Poderico e dei Cavaselice, i quali assunsero il titolo di Marchesi di San Mango e tennero il feudo fino al 1800. Divenuto, poi, Comune autonomo, seguì le vicende del tempo dando un contributo di uomini e di sangue nelle lotte di indipendenza nazionale. San Mango Piemonte occupa una superficie territoriale che rientra appieno nel Parco regionale dei Monti Picentini, il che garantisce ai visitatori numerosi percorsi “montani”, come il sentiero che dal centro storico conduce all’eremo di San Magno, per non parlare poi delle salutari passeggiate da compiersi tra i boschi del Monte Tubenna, ove è possibile respirare l’essenza di piante selvatiche come il leccio, il carpino, il carrubo, e osservare il volo di poiane, corvi imperiali, ed eccezionalmente, di falchi pellegrini.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

Piccolo centro agricolo dalle origini assai remote, San Mango Piemonte fu frequentato da etruschi e sanniti tra il VI e il V sec. a.C.: intorno al I sec. a.C. vi si stanziarono i profughi picentini, in fuga dalla loro Picentia distrutta dai Romani. Secondo quanto riportato dalla tradizione popolare, Mango, Vescovo di Anagni, pellegrinando verso Roma, per sfuggire alle persecuzioni di Decio, passò per questa zona trovando riparo presso una grotta naturale, situata sul monte che, successivamente, prese il suo nome e dove i fedeli edificarono un eremo, designatogli dal Santo che, una volta martirizzato, apparve loro in sogno. Inizialmente la storia di questo piccolo Comune fu legata a quella della città di Salerno: faceva, infatti, parte del sistema difensivo orientale dell’antico Principato di Salerno, come testimoniano i ruderi di alcuni fortilizi. La fortuna di San Mango crebbe quando Adelmo il Normanno ottenne l’assegnazione del piccolo feudo, il che comportò il distacco dal Principato e la nascita dell’antica Baronia di Santo Mango, che comprendeva anche altri territori, come S. Cipriano, Castiglione e Vignale Filetta. Nel 1458 la figlia del nobile cavaliere Baldassare di Santo Mango sposò Niccolò Sannazaro, dando poi alla luce Iacopo, il celebre poeta dell’Arcadia che ivi trascorse buona parte della sua adolescenza. A partire dal 1600 San Mango fu protagonista di varie cessioni: fu dei Sanseverino, dei Caracciolo, dei Poderico e dei Cavaselice, i quali assunsero il titolo di Marchesi di San Mango e tennero il feudo fino al 1800. Divenuto, poi, Comune autonomo, seguì le vicende del tempo dando un contributo di uomini e di sangue nelle lotte di indipendenza nazionale. San Mango Piemonte occupa una superficie territoriale che rientra appieno nel Parco regionale dei Monti Picentini, il che garantisce ai visitatori numerosi percorsi “montani”, come il sentiero che dal centro storico conduce all’eremo di San Magno, per non parlare poi delle salutari passeggiate da compiersi tra i boschi del Monte Tubenna, ove è possibile respirare l’essenza di piante selvatiche come il leccio, il carpino, il carrubo, e osservare il volo di poiane, corvi imperiali, ed eccezionalmente, di falchi pellegrini.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

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